Quando regaliamo un telefonino ai nostri figli noi pensiamo di regalare a loro un oggetto che, nel nostro immaginario, è un telefono con molte altre funzioni.
In realtà per nostro figlio quell’oggetto infatti non è un telefono, ma una porta verso la rete, verso il mondo, che alle volte purtroppo squilla a causa nostra che ci ostiniamo a cercarlo telefonandogli ed interrompendo così il suo gioco in rete o il video che sta guardando o la conversazione su un social con gli amici.
Figurati se risponde!
Proprio così tra noi ed i nostri figli c’è un gap, una distanza siderale separa il nostro mondo dell’infanzia, ancora saldamente analogico e che noi rivestiamo anche di nostalgia, dal mondo digitale, il suo linguaggio, il suo utilizzo, il suo senso, nel quale invece loro sono nati e vivono.
Su questo terreno si gioca una difficile partita che noi genitori non possiamo perdere a pena di rischiare di diventare irrilevanti, per loro, quali guide etiche e valoriali del loro crescere.
Loro sono nativi digitali mentre noi no.
Noi siamo nati in un altro tempo e quindi al digitale ci avviciniamo come fossimo degli esploratori in un ambiente sconosciuto: dobbiamo imparare la lingua, il territorio i trabocchetti. Abbiamo bisogno di conoscere bene questo mondo e utilizzarlo al meglio per poter giocare questa partita con un minimo di speranza di farcela, di poter lasciare cioè qualche traccia significativa ai nostri figli che poi loro possano utilizzare quando sarà il momento.
Farne una guida completa è impossibile, ci sono tanti strumenti e questioni, ma sicuramente nel mio blog troverai diversi articoli che ti possono aiutare. segui i video e approfondisci nei link che ti suggerisco.
Cominciamo da una questione:
Il profilo digitale.
Regalando uno smartphone ai nostri figli abbiamo permesso che loro si costituissero un profilo digitale, lo sapevamo? Forse no. Provo a spiegarmi meglio.
Come ho detto, quell’oggetto che noi, con un vezzo un po retrò, continuiamo a chiamare telefonino, gli operatori della rete lo chiamano device che sta per: unità hardware, periferica, apparato elettronico. Hanno ragione i nostri figli dunque: è una porta che permette di entrare nella rete.
Quello che loro non sanno e che noi spesso sottovalutiamo, è che per navigare, oltre all’ apparato, c’è bisogno anche di una identità che in quella rete possa essere riconosciuta e che permetta di agire: Un profilo digitale.
Ogni device quindi ha una sua carta di identità legata al tipo di tecnologia che usa e che si abbina al profilo che ogni utente costruisce che sia su un social o meno. Il profilo è costituito da una serie di elementi chiave che per semplificazione si traducono in una mail, una foto, un nome o nomignolo (nikname) con il quale noi e loro, i nostri figli, entriamo e ci presentiamo al mondo.
Questa base si arricchisce però di tutte le tracce dei movimenti che nella rete ciascuno di noi compie, i social che usa, le pagine che guarda le foto cui mette mi piace, i video che apprezza e che riguarda, i videogiochi che usa, i tutorial che cerca o che guarda fino in fondo etc. Tutta questa attività è tracciata e da vita a quel processo che si chiama Profilazione.
La profilazione è una attività di tracciamento che la rete compie in modo costante ed automatico per selezionare i contenuti da proporci. Questo significa non solo che la pubblicità che troviamo in rete è calibrata su ciò che abbiamo cercato, ma che anche i contenuti social sono più o meno sempre gli stessi cioè ci ripropongono ciò che conosciamo, tutto il contrario della idea di esplorazione del mondo che noi colleghiamo alla rete. Sempre di più infatti proprio i meccanismi della profilazione automatica degli algoritmi che governano la rete stessa e i social che così tanto utilizziamo, ci chiudono in un mondo di contenuti noti e semplificati.
In buona sostanza non tutti i contenuti della rete sono presentati a noi con la stessa rilevanza, perché la rete ripropone in termini ridondanti i contenuti simili a quelli che frequentiamo, sia per aspetti commerciali, che per cose molto più delicate, che hanno a che fare con valori, scelte e comportamenti e quindi vi è il rischio di una esposizione a contenuti pericolosi, o che noi non consideriamo adatti all’età dei nostri figli.
Molti videogiochi sono violenti, propongono contenuti di disprezzo verso categorie di persone, propongono un uso a dir poco sconsiderato della sessualità, delle droghe delle diete alimentari e via dicendo. Si tratta di contenuti presenti in rete sui social e su molti siti che magari noi genitori non incontriamo mai ma che invece i nostri figli conoscono molto bene. Se ci chiediamo come mai, increduli che i nostri figli possano ricercare queste cose, forse cominciamo a capire che questo è il prodotto della profilazione della loro identità digitale qualche cosa che involontariamente noi stessi gli abbiamo permesso di creare.
Che Fare? Gli dobbiamo togliere il Telefono?
Niente panico!
La rete è ancora un mondo che ha grandissime potenzialità e contenuti significativi intelligenti creativi utili e sapienti. Il problema è che bisogna trovarli, cercarli e proporli.
E, fortunatamente, questo dipende proprio da noi; sì dipende da noi genitori che possiamo aiutare i nostri figli a fare ricerche utili, a non fidarsi dei primi contenuti che trovano, ma andare ad approfondire e confrontare, avere attenzioni alle fonti, etc.
Questa attività loro non la sanno fare, possono imparare a farla se noi la facciamo, se ci vedono che non demonizziamo il loro mondo, ma che lo usiamo bene: in questo gli siamo da esempi.
Insomma sempre noi genitori siamo la migliore protezione per i nostri figli, e se gli forniamo un minimo di strumenti critici li aiuteremo a sentirsi più sicuri nel viaggio, dotati di un proprio sistema di allerta che li tiene al riparo dalla circolazione di faknews o di fiducia incondizionata su ciò che in rete si trova.